Che importanza ha il gioco nello sviluppo dei bambini??
A cura di Dott.ssa Fontana Francesca, Terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva / Dott.ssa Maria Chiara Maggi, Psicologa
Quando si parla di gioco, spesso si sottovaluta l’importanza che ha nello sviluppo di un bambino, non sapendo che esso contribuisce al suo sviluppo cognitivo e socio-emotivo.
Parlando del gioco viene spontaneo far riferimento all’attività infantile e ai bambini, tanto che Maria Montessori definiva il gioco “ il lavoro del bambino”, per sottolinearne l’importanza.
Il gioco non è solo un modo di impiegare il tempo, ma contribuisce alla formazione psico-fisica dell’individuo, oltre a rappresentare un’occasione di socializzazione e apprendimento: attraverso il gioco il bambino prova e consolida le abilità mentali, apprende funzioni e modelli sociali, rappresenta vissuti emotivi e stati mentali interni.
GIOCO E SPERIMENTAZIONE
Sin dalla nascita, e per i successivi tre mesi, il bambino inizia a sperimentare degli schemi riflessi e afinalistici, si tratta per lo più di un apprendimento tonico, i primi scambi comunicativi avvengono attraverso il dialogo tonico con la madre attraverso il contatto corporeo, il battito, la voce, il faccia a faccia ecc. Solo dopo necessarie prove e ripetizioni, intorno ai 5 mesi, grazie anche allo sviluppo cerebrale, le competenze del bambino migliorano. Egli comprende di essere un’entità separata dalla madre, in grado di compiere delle azioni effettuandole intenzionalmente senza sapere cosa succederà dopo.
Dai 6-7 mesi con la strutturazione dell’io-corporeo il bambino inizia a sperimentare le sensazioni “fuori/dentro di me”, ad esempio, un esercizio di conoscenza è il battere le manine sul tavolo: “sto battendo (io) qualcosa e questo produce un (suo) suono/effetto”.
Successivamente, a intorno agli 8-9 mesi, compare la permanenza dell’oggetto, il bambino sviluppa la capacità rappresentativa di un oggetto e della persona. Il bambino ricerca un oggetto quando questo scompare dalla propria vista e si nasconde per farsi cercare. Ecco il primo gioco, quello del Peekaboo o Cuccu-sette!
In questo periodo, in genere fino al compimento del primo anno di vita, il bambino riesce a giocare da solo anche se per brevi periodi e il gioco è principalmente di tipo esplorativo: i giocattoli vengono utilizzati senza uno scopo specifico ma piuttosto sono maneggiati dal bambino in modo tale da conoscere sensorialmente qualsiasi consistenza tattile.
Dopo i 12 mesi di età il bambino inizia a conoscere l’uso funzionale di un oggetto. Vi è un uso effettivo di spazi e oggetti, che vengono percepiti come qualcosa di diverso da sé. Possiamo osservare il bambino prendere un telefono e toccarlo per sentire, dare la pappa ad una bambola con il cucchiaio ecc. Inoltre, vi è una ricerca della presenza e dell’assenza, dell’apertura e della chiusura, della vicinanza e della lontananza, oltre alla costruzione e alla distruzione, relativa a spazi ed oggetti.
Verso il compimento dei 2 anni si assiste alla comparsa del gioco simbolico. Il gioco si amplia e si modifica, il bambino in questo periodo impara il gioco del far finta, mettendo in atto simulazioni di azioni quotidiane con il proprio corpo e/o utilizzando oggetti: fa finta che l’oggetto agisca e impara a giocare anche in assenza di oggetto. Ad esempio il bambino inizia a far finta, ad esempio a far finta che una banana sia un telefono, stravolgendo l’utilizzo dell’oggetto, e impara a far finta di compiere delle azioni, come bere da una bottiglia vuota.
Solo intorno ai 3 si ha un aumento degli schemi.
Durante questa fase il linguaggio assume una funzione autoregolatrice e nel gioco compaiono ruoli interagenti, come nel classico gioco “mamma e bambino/a”. Il bambino nei primi anni di scuola grazie all’ambiente scolastico stesso e l’introduzione delle prime regole impara un’abilità nuova di gioco, la condivisione.
Condividendo un gioco cresce la necessità di attendere il proprio turno per giocare, successivamente questa capacità si migliora fino a creare un vero e proprio gioco a turno, aumentando i partecipanti verso i 6/7 anni. Si nota poi la predilezione verso scene di gioco più vicine alla realtà, con costruzione di cose reali mettendo in atto un gioco legato alle proprietà funzionali degli oggetti (quantità, numero, serie).
Per riassumere, risulta chiaro come il bambino apprenda il gioco e dal gioco, passando inizialmente da un aspetto più sensomotorio, corporeo e concreto ad un’aspetto più astratto e vicino alla realtà.
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